Jobs Act: in caso di licenziamento illegittimo per vizi formali, l’indennità non può essere ancorata solo all’anzianità di servizio

La Corte costituzionale, in data 24 giugno 2020, ha dichiarato incostituzionale l’inciso dell’art. 4, d. lgs. 23/2015 “di importo pari a una mensilità dell’ultima retribuzione di riferimento per il calcolo del trattamento di fine rapporto per ogni anno di servizio”, in quanto fissa un criterio rigido e automatico, legato al solo elemento dell’anzianità di servizio.

La Corte, quindi, ha ritenuto incostituzionale la norma in questione nella parte in cui ancorava l’importo dell’indennità da corrispondere nel caso di licenziamento viziato solo dal punto di vista formale e procedurale, al mero requisito dell’anzianità di servizio.

Tale pronuncia – la cui motivazione non è ancora stata pubblicata – segue la n. 194/2018 che, invece, aveva dichiarato l’incostituzionalità dell’art. 3 d. lgs. 23/2015.

Questa, invece, la norma modificata:

DLT 04/03/2015, n. 23

Art. 4.  Vizi formali e procedurali

  1. Nell’ipotesi in cui il licenziamento sia intimato con violazione del requisito di motivazione di cui all’articolo 2, comma 2, della legge n. 604 del 1966 o della procedura di cui all’articolo 7 della legge n. 300 del 1970, il giudice dichiara estinto il rapporto di lavoro alla data del licenziamento e condanna il datore di lavoro al pagamento di un’indennità non assoggettata a contribuzione previdenziale di importo pari a una mensilità dell’ultima retribuzione di riferimento per il calcolo del trattamento di fine rapporto per ogni anno di servizio, in misura comunque non inferiore a due e non superiore a dodici mensilità, a meno che il giudice, sulla base della domanda del lavoratore, accerti la sussistenza dei presupposti per l’applicazione delle tutele di cui agli articoli 2 e 3 del presente decreto.

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