La corsa del prezzo dell’alluminio
L’incremento dei costo per l’energia ha provocato molteplici interruzioni dell’offerta, così si è ridotta la forniture del metallo e inevitabilmente il prezzo dell’alluminio ha imboccato la salita.
Sui migliori broker autorizzati Consob si può vedere che al London Metal Exchange (LME) ormai viaggia oltre i 3.100 dollari per tonnellata, un livello che non si vedeva dalla metà del 2008. Il prezzo dell’alluminio è quello che ha registrato – tra i metalli di base – i maggiori aumenti.
Produrre costa troppo
Il motivo per cui il costo energetico si riflette soprattutto sul prezzo dell’alluminio è presto detto. Come ha calcolato Bloomberg, per produrre una tonnellata di alluminio occorre tanta energia quanta ne consuma un condominio in tre anni. Nesun altro metallo “assorbe” così tanta energia. L’alluminio ne richiede il doppio rispetto all’acciaio e circa 6 volte pià dello zinco.
Ecco perché le fonderie di tutto il mondo stanno rallentando la produzione. L’olandese Alde, ad esempio, ha annunciato che taglierà l’outpout del 60-70% a Delfzijl, a causa delle costose bollette dell’elettricità.
Nota operativa: un approfondimento interessante da fare è studiare la tabella correlazione valute Forex e commodities.
Le scelte della Cina sulle emissioni
All’incremento dei costi di produzione si aggiunge poi un altro driver della crescita del prezzo dell’alluminio. E’ il “fattore Cina”.
Pecihno vuole ridurre l’inquinamento, e quindi ha frenato il proprio consumo complessivo di energia industriale imponendo rigidi vincoli alla capacità produttiva. Di recente, ad esempio, è stata imposta alle fonderie della provincia cinese del Qinghai una riduzione della produzione per ridurre il carico di energia.
Il golpe guineano
Infine si sente l’effetto del colpo di stato militare che c’è stato a settembre in Guinea, dove si trovano alcune delle più grandi riserve mondiali di bauxite che è la materia prima per produrre ossido di alluminio.