Il grido d’allarme dell’economia
Va detto che lo stesso Milei non ha negato che il percorso futuro sarà difficile. Ha promesso che risolleverà l’economia argentina, ma questo prevede uno choc, una terapia d’urto.
Di sicuro lo attende un lavoro durissimo. Il tasso di povertà è al 40%, mentre l’inflazione stimata a novembre è oltre il 160% su base annua (fonte dati eToro). In più ci sono le casse dello Stato praticamente vuote e il cambio col dollaro sempre più inaccessibile. Il peso argentino garantito attraverso i mercati paralleli ha infatti esteso il suo slancio al ribasso, attestandosi a oltre 1.000 per dollaro a dicembre.
Intanto, visto che Milei vorrebbe l’abolizione della banca centrale e la dollarizzazione dell’economia argentina, i mercati scommettono su una svalutazione del 44% del tasso di cambio ufficiale del peso questa settimana.
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Turbolenze all’insedimanento
Di sicuro le turbolenze ci sono già state prima e durante la cerimonia di insediamento. I suoi sostenitori hanno affollato le strade di Buenos Aires insultando l’avversario Sergio Massa e l’ex presidente Cristina Kirchner, che a sua volta ha risposto con dei gestacci. Accoglienza trionfale invece per l’amico ex presidente brasiliano Jair Bolsonaro. Non c’era Trump, che in un primo momento aveva annunciato la sua partecipazione.
L’assenza più significativa però è stata quella di Lula, il presidente del Brasile. E’ il segnale di rapporti testi per via dell’intenzione di Milei di rompere con il Mercosur e spingersi sotto l’ala protettrice dgli USA.
“Per oltre un secolo abbiamo insistito nel perseguire un modello di economia che ha generato povertà, stagnazione e miseria. Così come il Muro di Berlino ha segnato la fine di un’epoca nel mondo, queste elezioni segnano un punto di rottura nella storia dell’Argentina”, ha detto Milei alla folla che lo acclamava.